L'autore |
Mi chiamo
Salvatore Alessi, vivo e lavoro a Roma.
La macchina fotografica non è la mia compagna
inseparabile e forse per questo non inserisco, in queste
pagine, fotografie della mia città. Tuttavia essa è
una buona compagna, sempre disponibile del resto, e
dotata di grande pazienza.
Ho cominciato a fotografare per gioco e per gioco
continuo a farlo.
Non sono dunque un professionista, ma più semplicemente
un "amatore".
La cosa mi piace: amatore... appassionato della
fotografia.
Questa
passione si sviluppa attraverso due direzioni
fondamentali:
La fotografia è anzitutto un mezzo che mi permette di
scaricare le tensioni cittadine, accumulate nelle
settimane di lavoro, tra smog e traffico, uffici e caffé
al volo. E mal di testa...
Quando nei week-end, prendo treppiede e zaino; quando
cielo e nuvole diventano il mio soffitto, e gli
orizzonti indefiniti, le mie pareti; quando occhi e
mente si concentrano su un'onda, o su un refolo di luce;
- allora quelle tensioni si quietano, spesso si
annullano del tutto.
Quel che rimane è una distensione dell'animo; una
leggerezza vaga nella testa. Leggerezza che catarticamente, sa cancellare tensioni, fatiche, stress
quotidiani; e, inaspettatamente, riesce a connettere
sensi e natura nella dimensione di una armonia inattesa,
eppure ritrovata.
Immergersi profondamente in un libro, proiettarsi in
quel mondo immaginario, estraniarsi in quella dimensione
virtuale o letteraria, sortisce lo stesso effetto.
Con la differenza che, nel sostenere fisicamente tra le
mani la fotocamera pronta a scattare (con il suo
familiare, inconfondibile sibilo), realmente, gli occhi
vedono, gli odori avvolgono, la luce rivela. |
La fotografia è poi strumento di comprensione del
mondo - o forse più propriamente dovrei dire, strumento
di indagine sul mondo.
Spesso la realtà appare caotica, disordinata;
incomprensibile nella sua multiforme varietà di forme e
fenomeni. Racchiuderla nel rettangolo orizzontale o
verticale di un mirino reflex può rappresentare un
atipico e interessante modo per recuperare l'ordine dal
disordine, il razionale dal casuale, il bello dal
banale.
E' un esercizio che spesso si trasforma in una sfida:
riuscire a domare, per così dire, quello spaccato
di reale, riconducendolo nella dimensione di una
"comprensibilità" che sappia dissolvere le ambigue
oscurità in cui è avvolto.
Non è una comprensione "tecnica" quella di cui parlo, ma
una comprensione profonda, o meglio
emotivamente profonda. Tale che, all'ordine
esteriore, corrisponda un ordine interiore.
Non esiste la sola conoscenza scientifica della realtà,
ma anche quella emotiva, per cui - con una impropria
parafrasi - posso affermare che il fotografo conosce la
natura meglio dello scienziato.
In questo senso "conoscere", significa "sentire".
Fotografare, significa indagare. Capire. |
Quasi
tutte le fotografie presenti sul sito sono scattate con
una Canon Eos 350 D.
Mi sono avvicinato solo recentemente alla fotografia
digitale, e con piena soddisfazione. Ritengo che
innegabili e ormai irrinunciabili siano i vantaggi
garantiti dal digitale.
La fotocamera in uso è ben lontana dalle prestazioni di
una qualsiasi reflex professionale, ma garantisce
risultati eccellenti. Non sento la necessità di
cambiarla, almeno per il momento.
Diverso è il caso degli obiettivi. Gli otto MB della
350D vanno benissimo, ma se non sono supportati da
obiettivi di qualità, servono a poco.
Sinceramente il mio parco obiettivi per questa reflex è
- dirò così - essenziale: il 18-55 del kit; un 75-250
piuttosto lento nella messa fuoco, "soffice" per
nitidezza e contrasto, ma dotato di stabilizzatore
d'immagine. E infine, un unico obiettivo
della mitica serie L della Canon: il 24-105 USM L IS.
Certo, questo sì, un ottimo obiettivo.
Del resto sono più che convinto che nella fotografia
debba prevalere il fare, piuttosto che l'avere. E che
bisogna operare con ciò che si possiede, e nei luoghi
dove normalmente ci si trova.
Perché il mondo e le opportunità sono sono ovunque, e
sempre dati. |
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